Il cimitero di Carpi costituisce uno dei luoghi più rilevanti presenti in città che custodisce la memoria dei carpigiani che si sacrificarono nella lotta di Liberazione dal nazifascismo. Davanti alle due lapidi presenti ai lati del portico di ingresso sotto le arcate è collocato il sacrario ai caduti nella lotta di Liberazione, 55 cittadini carpigiani tra cui due donne. Nella cripta della Chiesa una lapite ricorda “Tutte le vittime degli eventi bellici 1940-1945”.
I due sacrari delle arcate di ingresso furono realizzati nei primi anni del dopoguerra su iniziativa del Corpo Volontari della Libertà (CVL), il braccio militare della Resistenza a cui apparteneva gran parte dei caduti, per segnare la memoria pubblica della Resistenza nella cittadinanza carpigiana. Sempre su iniziativa del CVL è segnata la tomba con 4 carpigiani rimasti vittime negli scontri del 22 aprile 1945, giornata della liberazione di Carpi, situata nel campo del cimitero.
Carpi, insieme ai comuni di Soliera, Novi e Campogalliano, durante gli anni critici del 1943-1945 formò la Prima zona partigiana, in un territorio che presentava una situazione sfavorevole alla guerriglia contro le forze militari nazifasciste. Nonostante condizioni difficili per il lavoro delle bande che dovettero operare nella zona di pianura, aperta e spesso priva di ripari naturali, la Resistenza riuscì a ad organizzarsi via anche militarmente e a condurre azioni militari importanti.
Subito dopo l'8 settembre 1943 a Carpi cominciò a formarsi una fitta rete clandestina di opposizione, pur in un contesto segnato dalla presenza di un attivo nucleo di fascisti repubblicani e da diversi comandi tedeschi. I Gruppi di Azione Patriottica (GAP) iniziarono a operare militarmente all'inizio dell'estate del 1944, intrecciando la loro attività militare con le lotte sociali delle campagne. Nacque il Distaccamento "Aristide", intitolato al nome di battaglia di uno dei primi caduti, Geminiano Bisi. Le azioni intraprese dai GAP furono audaci e spesso estese oltre i confini della provincia. Parallelamente operavano sul fronte civile, le Squadre di Azione Patriottica (SAP), animate inizialmente da Archimede Benevelli, il Fronte della Gioventù, fondato da Sandro Cabassi, e i Gruppi di difesa della donna, promossi da Maria Beltrami.
A fine marzo 1945, la pressione militare costrinse le brigate a trasferirsi, disarmate, sull'Appennino. Tuttavia, in meno di un mese, un nuovo apparato clandestino si formò, portando il 21 e 22 aprile alla liberazione dei comuni della Prima Zona di cui contano oltre trecento, tra caduti in combattimento, deceduti a causa di ferite e torture o fucilati.
Ogni anno le celebrazioni cittadine della festa della Liberazione partono da questo luogo commemorativo per rendere omaggio ai “caduti per la libertà”.