Ingresso museo deportato

Museo Monumento al Deportato

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In Breve

Inaugurato nell’ottobre del 1973, il Museo costituisce una sintesi di straordinaria unicità con cui il progetto dello studio BBPR ha preso forma. Il suo percorso museografico e la sua narrazione museologica, impostati secondo una concezione antiretorica e fortemente simbolica, raccontano il fenomeno della deportazione nella sua universalità, coinvolgendo il visitatore in un itinerario esperienziale fortemente emotivo.

Gli Accadimenti

Il Museo Monumento al Deportato politico e razziale nei campi di sterminio nazisti è situato nel cuore della città di Carpi a rappresentare già visivamente che le vicende di cui parla stanno al centro della nostra storia. Inaugurato il 14 ottobre 1973 all'interno del Palazzo del Pio dopo 10 anni di lavori questo Museo è un’opera d’arte che anticipa molti modi espressivi che si incontrano nei memoriali degli anni’90. Progettato dallo studio milanese BBPR– acronimo composto dai nomi degli architetti Banfi Belgiojoso Peresutti Rogers - la sua realizzazione è il frutto di una azione di memoria che matura nel tempo e che culmina nel 1961 nel corso della manifestazione per il centenario dell’Unità d’Italia. In quell'occasione Bruno Losi, sindaco della città e presidente del comitato promotore, nel suo discorso sottolineò la necessità di realizzare un’opera permanente a ricordo del sacrificio di quanti subirono la deportazione e di farla proprio a Carpi nel cui territorio si trova Fossoli il "primo campo di concentramento anticamera in Italia dei campi di sterminio nazisti". Belgiojoso e colleghi riescono ad aggregare numerosi intellettuali attorno al progetto che si modifica e arricchisce nel corso dei dieci anni di lavoro: Renato Guttuso e Carlo Levi per le scelte iconogafiche, Albe e Lica Steiner per l’allestimento, Nelo Risi per le citazioni dalle Lettere dei condannati a morte della Resistenza europea; gli artisti Picasso, Leger, Cagli, Longoni e lo stesso Guttuso daranno i bozzetti per i graffiti sulle pareti. Parallelamente Antonio Gaggero conduce in tutta Europa la ricerca di materiali e documenti utili per l’esposizione e il centro di documentazione. A ragione si può sostenere che il Museo Monumento sia il risultato di un lavoro collettivo di artisti la maggior parte anche testimoni diretti del fenomeno, che condividono, pure nella diversità delle esperienze artistiche, una visione progettuale comune, antiretorica, fortemente simbolica e mettono il loro “mestiere” al servizio della collettività. Il Museo si sviluppa in 13 sale – in origine 14 – all’interno delle quali incontriamo gli elementi che ne caratterizzano l’ allestimento: la sobrietà dei muri lasciati ad intonaco grigio su cui spiccano in alcune sale i graffiti degli artisti; le teche di diversa dimensioni che sorgono interrate dal pavimento in pietra berrettina dove sono esposti pochi oggetti presentati per il loro valore simbolico più che documentario; le frasi di resistenti europei graffite su tutte le pareti a contenere l’interno percorso espositivo e a definirne il contesto. Un percorso essenziale ed evocativo, in grado di coinvolgere il visitatore in un’esperienza emotiva intima che si rinnova nel tempo grazie la scelta di affidare la narrazione di un fenomeno drammatico all’espressività delle arti. Il percorso termina oggi nella suggestiva Sala dei Nomi interamente graffita nelle pareti e nelle volte coi nomi dei oltre 14.000 deportati dall’Italia a riaffermare la resistenza e la vittoria dell’uomo sul progetto di sterminio. In origini un’ulteriore sala, completamente vuota, conduceva all’esterno nel Cortile delle Stele, inizio e fine del percorso, in cui svettano 16 monoliti che portano incisi a perenne memoria i nomi di alcuni dei tanti campi che ricoprivano l’Europa nazifascista. La 14 sala era pensata per sostare, rielaborare l’esperienza di visita e il sindaco Losi insiste perché l’immagine della gioia di bambini che corrono fosse l’ultima che il visitatore si porta con sé, immagine di speranza e fiducia.

Indirizzo

Galleria

Inaugurato nell’ottobre del 1973, il Museo costituisce una sintesi di straordinaria unicità con cui il progetto dello studio BBPR ha preso forma. Il suo percorso museografico e la sua narrazione museologica, impostati secondo una concezione antiretorica e fortemente simbolica, raccontano il fenomeno della deportazione nella sua universalità, coinvolgendo il visitatore in un itinerario esperienziale fortemente emotivo.
Il Museo Monumento al Deportato politico e razziale nei campi di sterminio nazisti è situato nel cuore della città di Carpi a rappresentare già visivamente che le vicende di cui parla stanno al centro della nostra storia. Inaugurato il 14 ottobre 1973 all'interno del Palazzo del Pio dopo 10 anni di lavori questo Museo è un’opera d’arte che anticipa molti modi espressivi che si incontrano nei memoriali degli anni’90. Progettato dallo studio milanese BBPR– acronimo composto dai nomi degli architetti Banfi Belgiojoso Peresutti Rogers - la sua realizzazione è il frutto di una azione di memoria che matura nel tempo e che culmina nel 1961 nel corso della manifestazione per il centenario dell’Unità d’Italia. In quell'occasione Bruno Losi, sindaco della città e presidente del comitato promotore, nel suo discorso sottolineò la necessità di realizzare un’opera permanente a ricordo del sacrificio di quanti subirono la deportazione e di farla proprio a Carpi nel cui territorio si trova Fossoli il "primo campo di concentramento anticamera in Italia dei campi di sterminio nazisti". Belgiojoso e colleghi riescono ad aggregare numerosi intellettuali attorno al progetto che si modifica e arricchisce nel corso dei dieci anni di lavoro: Renato Guttuso e Carlo Levi per le scelte iconogafiche, Albe e Lica Steiner per l’allestimento, Nelo Risi per le citazioni dalle Lettere dei condannati a morte della Resistenza europea; gli artisti Picasso, Leger, Cagli, Longoni e lo stesso Guttuso daranno i bozzetti per i graffiti sulle pareti. Parallelamente Antonio Gaggero conduce in tutta Europa la ricerca di materiali e documenti utili per l’esposizione e il centro di documentazione. A ragione si può sostenere che il Museo Monumento sia il risultato di un lavoro collettivo di artisti la maggior parte anche testimoni diretti del fenomeno, che condividono, pure nella diversità delle esperienze artistiche, una visione progettuale comune, antiretorica, fortemente simbolica e mettono il loro “mestiere” al servizio della collettività. Il Museo si sviluppa in 13 sale – in origine 14 – all’interno delle quali incontriamo gli elementi che ne caratterizzano l’ allestimento: la sobrietà dei muri lasciati ad intonaco grigio su cui spiccano in alcune sale i graffiti degli artisti; le teche di diversa dimensioni che sorgono interrate dal pavimento in pietra berrettina dove sono esposti pochi oggetti presentati per il loro valore simbolico più che documentario; le frasi di resistenti europei graffite su tutte le pareti a contenere l’interno percorso espositivo e a definirne il contesto. Un percorso essenziale ed evocativo, in grado di coinvolgere il visitatore in un’esperienza emotiva intima che si rinnova nel tempo grazie la scelta di affidare la narrazione di un fenomeno drammatico all’espressività delle arti. Il percorso termina oggi nella suggestiva Sala dei Nomi interamente graffita nelle pareti e nelle volte coi nomi dei oltre 14.000 deportati dall’Italia a riaffermare la resistenza e la vittoria dell’uomo sul progetto di sterminio. In origini un’ulteriore sala, completamente vuota, conduceva all’esterno nel Cortile delle Stele, inizio e fine del percorso, in cui svettano 16 monoliti che portano incisi a perenne memoria i nomi di alcuni dei tanti campi che ricoprivano l’Europa nazifascista. La 14 sala era pensata per sostare, rielaborare l’esperienza di visita e il sindaco Losi insiste perché l’immagine della gioia di bambini che corrono fosse l’ultima che il visitatore si porta con sé, immagine di speranza e fiducia.
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