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Il poligono di tiro di Cibeno, frazione a circa 3km a nord di Carpi, è il luogo tragicamente noto per la strage avvenuta il 12 luglio 1944. Sessantasette internati politici del Campo di Fossoli vengono qui fucilati e sepolti in una fossa comune poi colmata e nascosta. La memoria delle persone che qui hanno perso la vita rappresenta oggi un valore di identità civica e un percorso memoriale intergenerazionale di straordinaria importanza per i carpigiani.

Gli Accadimenti

La strage del Poligono di Tiro di Cibeno è la più grave perpetrata in Italia contro internati in un campo di transito e matura al Campo di Fossoli dopo mesi di generale inasprimento di atti di violenza contro i prigionieri, in concomitanza con l’arrivo di reparti di SS ucraine provenienti dall’esperienza di guerra a est. Anche a Fossoli, campo di transito gli internati cominciavano a sperimentare la violenza e la brutalità dei loro carnefici. Questa la dinamica della strage All’alba del 12 luglio 1944 69 oppositori politici Fossoli vengono portati in questo luogo, per essere fucilati. Due di loro si ribellano, fuggono e aiutati dalla prolazione riescono a mettersi in salvo. Altri due nomi erano già stati cancellati alla originaria lista di 71 prigionieri che il comando SS giunto da Verona porta il giorno prima al comandante del Campo di Fossoli: uno viene depennato perché ritenuto utile alle fasi di smantellamento del Campo che si stanno predisponendo in quei giorni, mentre il secondo era riuscito a nascondersi con l’aiuto dei compagni. Quindi non 71 fucilati come da elenco iniziale letto all’appello della sera dell’11 luglio, ma 67 saranno gli uccisi poi sommariamente sepolti in una fossa comune coperta con calce viva, per cancellare ogni traccia di ciò che era accaduto. La sentenza di morte viene giustificata dalla Gestapo come rappresaglia per un attentato compiuto giorni prima a Genova contro una pattuglia tedesca in cui erano morti 7 militari, una motivazione che oggi la storiografia rigetta per le tante incongruenze che presenta: la eccessiva distanza geografica dei due territori, il tempo differito di settimane della rappresaglia, la volontà di tenere occultata la strage. Probabilmente un insieme di cause hanno determinato questa esecuzione, tra cui la decisione di eliminare dei prigionieri politici considerati più pericolosi in vista dello smantellamento imminente del campo, persone “che avevano nel campo posizioni di rilievo: generali dell’esercito, professori universitari, uomini politici già noti ed affermati; ma c’erano anche alcuni poveri uomini” originari di tutte regioni dell’Italia. Va ricordato che in giugno un comando SS, simulando una evasione, aveva già giustiziato Leopoldo Gasparotto, uomo di spicco della resistenza milanese a Fossoli dall’aprile. Nel maggio del 1945 su iniziativa di alcuni familiari vengono riesumati i corpi, le salme trasferite a Milano dove il cardinal Schuster, vescovo della città, tenne le esequie solenni nel Duomo. Nel 1946 il Comitato di liberazione nazionale e dell'Associazione perseguitati politici antifascisti prende l’iniziativa di porre una lapide sulla fossa per onorare i “martiri di Fossoli” e da quella data ogni 12 luglio in memoria della loro scelta per la libertà continuano a raccogliersi familiari, istituzioni persone comuni. L’elenco dei 67 fucilati è stato inserito tra i nomi dei deportati dall’Italia graffiti nella Sala dei Nomi del Museo al Deportato di Carpi, testimoni silenziosi di una ferita nella storia

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Il poligono di tiro di Cibeno, frazione a circa 3km a nord di Carpi, è il luogo tragicamente noto per la strage avvenuta il 12 luglio 1944. Sessantasette internati politici del Campo di Fossoli vengono qui fucilati e sepolti in una fossa comune poi colmata e nascosta. La memoria delle persone che qui hanno perso la vita rappresenta oggi un valore di identità civica e un percorso memoriale intergenerazionale di straordinaria importanza per i carpigiani.
La strage del Poligono di Tiro di Cibeno è la più grave perpetrata in Italia contro internati in un campo di transito e matura al Campo di Fossoli dopo mesi di generale inasprimento di atti di violenza contro i prigionieri, in concomitanza con l’arrivo di reparti di SS ucraine provenienti dall’esperienza di guerra a est. Anche a Fossoli, campo di transito gli internati cominciavano a sperimentare la violenza e la brutalità dei loro carnefici. Questa la dinamica della strage All’alba del 12 luglio 1944 69 oppositori politici Fossoli vengono portati in questo luogo, per essere fucilati. Due di loro si ribellano, fuggono e aiutati dalla prolazione riescono a mettersi in salvo. Altri due nomi erano già stati cancellati alla originaria lista di 71 prigionieri che il comando SS giunto da Verona porta il giorno prima al comandante del Campo di Fossoli: uno viene depennato perché ritenuto utile alle fasi di smantellamento del Campo che si stanno predisponendo in quei giorni, mentre il secondo era riuscito a nascondersi con l’aiuto dei compagni. Quindi non 71 fucilati come da elenco iniziale letto all’appello della sera dell’11 luglio, ma 67 saranno gli uccisi poi sommariamente sepolti in una fossa comune coperta con calce viva, per cancellare ogni traccia di ciò che era accaduto. La sentenza di morte viene giustificata dalla Gestapo come rappresaglia per un attentato compiuto giorni prima a Genova contro una pattuglia tedesca in cui erano morti 7 militari, una motivazione che oggi la storiografia rigetta per le tante incongruenze che presenta: la eccessiva distanza geografica dei due territori, il tempo differito di settimane della rappresaglia, la volontà di tenere occultata la strage. Probabilmente un insieme di cause hanno determinato questa esecuzione, tra cui la decisione di eliminare dei prigionieri politici considerati più pericolosi in vista dello smantellamento imminente del campo, persone “che avevano nel campo posizioni di rilievo: generali dell’esercito, professori universitari, uomini politici già noti ed affermati; ma c’erano anche alcuni poveri uomini” originari di tutte regioni dell’Italia. Va ricordato che in giugno un comando SS, simulando una evasione, aveva già giustiziato Leopoldo Gasparotto, uomo di spicco della resistenza milanese a Fossoli dall’aprile. Nel maggio del 1945 su iniziativa di alcuni familiari vengono riesumati i corpi, le salme trasferite a Milano dove il cardinal Schuster, vescovo della città, tenne le esequie solenni nel Duomo. Nel 1946 il Comitato di liberazione nazionale e dell'Associazione perseguitati politici antifascisti prende l’iniziativa di porre una lapide sulla fossa per onorare i “martiri di Fossoli” e da quella data ogni 12 luglio in memoria della loro scelta per la libertà continuano a raccogliersi familiari, istituzioni persone comuni. L’elenco dei 67 fucilati è stato inserito tra i nomi dei deportati dall’Italia graffiti nella Sala dei Nomi del Museo al Deportato di Carpi, testimoni silenziosi di una ferita nella storia
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